𝗟𝗮 𝗞 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗮𝗻𝗰𝗮𝘃𝗮 𝗮𝗹 𝗽𝗼𝗽
Tutto quello che sappiamo sul K-pop è sbagliato. O meglio, è frutto di un addomesticamento culturale. Lo si scopre sfogliando “Breve storia del K-pop”, guida che disattende le aspettative in fatto di lunghezza (@salani_editore). La conversazione con il suo autore @ivancanuillustrator inizia proprio dalle origini dell’hallyu, l’onda coreana in cui siamo ormai sommersi. «Le premesse affondano lontano, ma i primi segnali sono del 2012, con Gangnam Style, canzone-parodia sui nuovi ricchi di Seul. Nel 2023, oltre la metà dei dieci album più venduti negli Usa sono K-pop. @taylorswift è al primo posto, ma dietro a lei troviamo gli @realstraykids».
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Cosa ci aspetta nel 2025? «I @bts.bighitofficial sono pronti a ricominciare dopo la pausa imposta dal servizio militare; le @blackpinkofficial tornano con un tour e un disco; mentre gli Stray Kids saranno di nuovo in Europa dopo aver radunato, lo scorso 12 luglio a Milano, 70mila fan».
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Gli idol hanno invaso il mondo della moda e della bellezza sostituendosi alle celebrities. «Il K-pop nasce come parte di una strategia culturale del governo sudcoreano per promuovere il Paese a livello internazionale. I suoi fruitori più che ascoltatori di musica sono collezionisti».
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Perché questo interessa ai brand di lusso? «Con l’espansione dell’hallyu in Occidente, si è compreso il potenziale che idol coreani possono apportare in un’industria (moda e beauty) sempre a caccia di novità. Il primo a capirne il potenziale e invitare un artista coreano, @xxxibgdrgn, alla settimana della moda francese, è stato @karllagerfeld nel 2015. Lo nominò anche brand ambassador di @chanelofficial».
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L’articolo di @evagrip su d.
Foto. 1. @lalalalisa_m delle Blackpink (Gioelli @bvlgari); 3. @roses_are_rosie delle Blackpink (Courtesy @ysl); 6. @jennierubyjane delle Blackpink (@virgile.guinard/Courtesy Chanel); 9. @from_jjlee (Matt Winkelmeyer/Courtesy @gucci); Illustrazioni tratte da “Breve storia del K-pop”.
𝗟𝗮 𝗞 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗮𝗻𝗰𝗮𝘃𝗮 𝗮𝗹 𝗽𝗼𝗽 Tutto quello che sappiamo sul K-pop è sbagliato. O meglio, è frutto di un addomesticamento culturale. Lo si scopre sfogliando “Breve storia del K-pop”, guida che disattende le aspettative in fatto di lunghezza (@salani_editore). La conversazione con il suo autore @ivancanuillustrator inizia proprio dalle origini dell’hallyu, l’onda coreana in cui siamo ormai sommersi. «Le premesse affondano lontano, ma i primi segnali sono del 2012, con Gangnam Style, canzone-parodia sui nuovi ricchi di Seul. Nel 2023, oltre la metà dei dieci album più venduti negli Usa sono K-pop. @taylorswift è al primo posto, ma dietro a lei troviamo gli @realstraykids». ‌ Cosa ci aspetta nel 2025? «I @bts.bighitofficial sono pronti a ricominciare dopo la pausa imposta dal servizio militare; le @blackpinkofficial tornano con un tour e un disco; mentre gli Stray Kids saranno di nuovo in Europa dopo aver radunato, lo scorso 12 luglio a Milano, 70mila fan». ‌ Gli idol hanno invaso il mondo della moda e della bellezza sostituendosi alle celebrities. «Il K-pop nasce come parte di una strategia culturale del governo sudcoreano per promuovere il Paese a livello internazionale. I suoi fruitori più che ascoltatori di musica sono collezionisti». ‌ Perché questo interessa ai brand di lusso? «Con l’espansione dell’hallyu in Occidente, si è compreso il potenziale che idol coreani possono apportare in un’industria (moda e beauty) sempre a caccia di novità. Il primo a capirne il potenziale e invitare un artista coreano, @xxxibgdrgn, alla settimana della moda francese, è stato @karllagerfeld nel 2015. Lo nominò anche brand ambassador di @chanelofficial». ‌ L’articolo di @evagrip su d. Foto. 1. @lalalalisa_m delle Blackpink (Gioelli @bvlgari); 3. @roses_are_rosie delle Blackpink (Courtesy @ysl); 6. @jennierubyjane delle Blackpink (@virgile.guinard/Courtesy Chanel); 9. @from_jjlee (Matt Winkelmeyer/Courtesy @gucci); Illustrazioni tratte da “Breve storia del K-pop”.
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